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Come vedesi nella Pianta Tav. I, lo scalo sarebbe conservato nel sito ov’è l'attuale, e passando al disotto della via lungo l'Arno, avrebbe il suo termine a quella dei Saponai, traversando la Piazza delle Travi; due sarebbero le porte in fondo allo scalo, una nel punto segnato di lettera A, l'altra nel punto di lettera B, che non dovrebbe ritenere affissi. Per vedute di finanza la prima di esse dovrebbe nelle ore consuete di notte rimaner chiusa, meno che nel caso di piene in cui una cateratta in due pezzi posta in parallela direzione della porta dovrebbe scorrere per canale, ed essere congegnata in modo che un pezzo sovrapposto all’altro venisse a formare una valida resistenza contro la pressione dell’acqua che una volta introdottasi nell’antrone sottostante alla strada, non lascerebbe che rena, e melletta facile a remuoversi, abbassate le piene.

Per comodo dei tintori un batolo, o panchina larga braccia 2 ½, e corredata di tre o quattro scalini, servirebbe loro di lavatojo, quando appunto le acque un poco meno gravi di torbe, permettessero il lavaggio, lo che accade depresse che siano fino alla linea (Tav. II), che denota il livello delle acque ordinarie in tempo d’inverno. Per provvedere in fine all’accesso dei carrettoni, e cavalli nelle estive stagioni, un ponte pensile sommergibile la cui estremità potrebbe riposare sopra un vaggiolo di muramento, dovrebbe esservi adattato nel modo che dimostra la Tav. III, essendo naturale che alla base del batolo si mantenga costante, come vuolsi, un corso quantunque povero di acqua.