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alle acque, ne rallentano la velocità, e crescendo di volume sono obbligate a distendersi, a penetrare per le fogne, ed a superarne ancora i ripari.

Se si instituisce un confronto tra lo stato attuale dell’alveo d’Arno al disotto della pescaja di S. Niccolò, e quello che era 14, o 15 anni addietro, sarà facile distinguere quanto maggiore ammasso di materie vi si riscontri al presente, e quanto vizioso siasi fatto sotto di quella serra il corso dell’acqua. Ove prima era un fondo alquanto esteso, oggi vi si scorge un polmone che immedesimandosi con la platea della pescaja, ne supera talvolta la cresta con la sua sommità, e gli opifici della Zecca sono per molto tempo dell’anno inattivi, non solo per causa della diversione delle acque, dipendente in parte dall’opera avanzata del già ponte sospeso poco al disopra di essi, ma per la massa straordinaria altresì delle ghiare che si depositano al disotto della pescaja, che ne fanno guazzare le ruote di movimento, per mancanza di cadente. M’ingannerò, ma credo sarebbe facile venire in cognizione dei diversi rialzamenti instituendo un confronto con le sezioni del fiume che furono eseguite dal ponte S. Trinità fino alla pescaja d’Ognissanti ne’ 31 ottobre 1812, a cura in quel tempo del Dipartimento di ponti e strade, che si trovano riferiti alla scala metrica in marmo situata presso il detto ponte, quali sezioni, che sarebbe utile estendere fino alla pescaja di S. Niccolò, potrebbero in seguito far conoscere delle variazioni cui può andar soggetto il greto del nostro fiume.