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tori, non dirò inconsapevoli, ma sponta- nei e ineruditi: legione di concorde mi- lizia, dove si univano e si aiutavano gli artefici dell' arte bella e voluttuaria, e gli artefici, quasi altrettanto pregiati, delle arti utili e necessarie. L' arte era, insomma, essenzialmente democratica: e non nella sola Firenze, ma in nessun altro comune come nel nostro, questo concetto e que- sta pratica dell' arte ebbe così stretta- mente attinenze vitali col concetto e con la pratica dello stato. Quando pel San Gio- vanni le botteghe facevan la « mostra » , e i magistrati cittadini e artigiani, lungo le strade adornate da tanta magnificenza di lavoro operaio, si recavano al battistero all' « offerta » , quella processione e quella mostra erano com'un trionfo annuale che il popolo fiorentino rinnovava a sé mede- simo, dove tutti erano i vincitori, i vinti nessuno. Dalle stoffe che la « gente ri- trosa » I9 ) d' oltralpe produceva appannate