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Firenze sotterranea 27

lati. Accanto al letto, per tavolino, un regolo infisso su quattro altri regoli di legno rozzo: uno di quelli strumenti, che sogliamo chiamare caprette. E sulla capretta posati varii piccoli oggetti: una treccia di capelli, segno che la donna giovane, e un po’ avvenente, anche arrivata all’ultimo grado di cinismo e di squallore, serba sempre una certa civetteria.

Sulle pareti sbonzolate di quello stambugio erano iscrizioni grottesche, o inique; bestemmie, figuraccie. Ma la vedova dormiva tranquilla. Vedova?... Di chi?... di quanti? Giovane, sola, in quel luogo di nefandezze, in mezzo a tanti ribaldi? Come la sventurata sarà giunta lì? — Come ne uscirà? L’avrei volentieri svegliata, perchè mi raccontasse la sua vita. Nell’apprendere i casi di certe esistenze si provano le vertigini: è come affacciarsi ad un abisso.

Misere creature, che scendono, e non trovano una mano soccorrevole. Ecco i veri irredenti da sollevare! Ecco l’opera per le democrazie serie ed illuminate!

V’immaginate, ad esempio, la connivenza, il duo tra il fanciullo quattordicenne, che ha subito dodici condanne, e la vedovina.... che forse non è stata mai maritata?