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xvi Firenze sotterranea


Non ho mai — pur troppo — esagerato certe miserie; non tutte quelle da me vedute, anzi, avrei spazio per raccontare.

Un giorno entro in una delle case, da me descritte nella Firenze sotterranea. Una ragazzetta, tutta stracciata, era seduta sul pavimento umido di un cortiletto; preferiva star lì, anzi che nella lurida, infetta cameruccia, dove poteva esser ricoverata con altre sette od otto persone. La ragazzetta aveva con sè due bambine.

— La mamma? — le chiesi.

— E all’ospedale.... Il babbo ci aveva lasciati per andar con un’altra donna.... Noi non avevamo da mangiare.... Ci siamo nutriti per varii giorni di avanzi, datici in carità.... La mamma, mentre chiedeva l’elemosina, ha incontrato babbo, gli ha chiesto denaro.... Il babbo l’ha percossa.... Essa è caduta in terra, squarciandosi la fronte.... Il babbo fu arrestato.... Io non posso guadagnar nulla, perchè debbo star a guardare le bambine.... —

Tutt’e tre avevano già i segni dell’oftalmia.

Povere vittime!