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Firenze sotterranea 139

La casa è chiusa da una solida portaccia, tinta di rosso: ha una sola finestra sulla facciata, tutta bianca, con una Madonna (!) nel mezzo: e la finestra è sbarrata da grossa inferriata. La notte, passandovi a una cert’ora, accostandovisi con cautela, aguzzando l’orecchio, si sentono i mormorii dei giuocatori, che puntano, le loro grida.

Di tratto in tratto, venendo giù per i torti vicoli, si avvicina un ammonito, un pregiudicato, un cattivo arnese, che ha scontato di poco la sua pena, un sospetto: riconosce, per esempio, un agente della Polizia, che ronza vicino alla casaccia, e subito lo saluta, muta strada, scantona, come se avesse voluto andare per tutt’altro verso.

Ma perchè — direte — la Polizia non fa chiudere certe case? Perchè spender tanto, faticar tanto a sorvegliare dei tristi? Bisogna sappiate che la libertà è come il sole, rischiara della sua luce le aquile, i dorati fastigi, i parchi odorosi, e gl’insetti, i pantani insalubri, gli sterpeti.

La libertà, l’immensa dea, cuopre del suo manto il bene ed il male: la virtù e l’abuso: veglia sul filosofo e lo premunisce da salire sul rogo con la pagina dove ha scritto i suoi pensieri arditi e eloquenti: ma veglia altresì alle porte degli abi-