Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/364

Tutta converse in ricompor le sparse
     Voglie e quetar l’invide gare e gli odi
     90Fra l’altre signorie di nostra parte:
E quelle, forti de’ ristretti nodi,
     Quasi a ceppo comun ramose braccia,
     A sè congiunse per diversi modi.
Sebben fortuna ad amendue me faccia
     95Ancor secondo di possanza e gloria,
     Nè l’ala a simil vol ben si confaccia,
Pur la recente di quel dì memoria,
     Quando per me Montecatin sentio,
     Tanto grido levarsi di vittoria,
100Merito e grazia m’acquistò tal ch’io
     Quanto per loro oprar là si dispose,
     Fede ho qua giù di conseguir pel mio.
Come verrà (questo ad ogni uom s’ascose,
     Ed or tu, per altezza d’intelletto,
     105Quarto sarai nelle segrete cose),
Come verrà che all’arduo mio concetto
     Io giunga e veggia di cotal semenza
     Tempo a cogliere omai quel che m’aspetto,
Subitamente e fuor d’ogni credenza
     110Muoverò l’arme impetuoso, e mia
     Sarà prima Pistoia e poi Fiorenza.
Segnale a Cane ed a Matteo ciò fia:
     Allor contra colui, di guerra esperto
     Men che d’ogni arte frodolente e ria,
115Contra il guelfo maggior, contra Roberto 1,
     Tutti, in un punto, di ciascun paese
     Trarrem precipitosi a viso aperto.
Segno a cotante e non pensate offese
     Mal starà fermo quel superbo in campo,
     120Cui l’odio occulto si farà palese.
Che se muova Filippo indi al suo campo... 2
     Dante racceso negli affetti suoi,
     Qui fia cesare, disse, a fargli inciampo.

  1. Re di Napoli.
  2. Re di Francia, fautore dei guelfi.