Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/363

     Dïadema spogliar l’altro sol cura,
     Fan d’Italia infelice ambi rifiuto?
55Dante allor: Nostra colpa, e non ventura,
     La tanto lacrimata alba allontana
     Di questa notte dolorosa e scura.
E qual dà pegno all’anima germana
     Questa che sotto al suo vessil s’accoglie
     60Gente discorde, ambizïosa e vana?
Malvagi son le cui rapaci voglie
     Di patria carità velo si fenno,
     Poma corrotte sotto verdi foglie;
O stolti, che si aggirano ad un cenno,
     65Solo a levar tumulto e a creder presti
     Menzogna il vero, e tradimento il senno.
Da questi la vergogna, il mal da questi
     Contaminati germi si produce,
     Nè degno è ch’altri a noi soccorso appresti.
70Ahi che al vero il tuo dir, soggiunse il duce,
     Consuona tal che nulla altra cagione
     Così peregrinando mi conduce!
Sappi che, poichè a me lunga stagione
     Svelate d’ogni danno ebbe le fonti
     75Là dove il dritto tuo veder le pone,
Alti disegni io fra me volsi, e conti
     Quelli poi feci a’ duo maggior Lombardi
     Lo Scaligero Cane e il gran Visconti 1.
Piaccion gagliarde imprese a cor gagliardi:
     80Onde que’ prodi non mi fur di loro
     Consentimento nè dell’opra tardi.
Per mutua fede si legar costoro
     Celatamente, e a me giuraron patto
     Di bellicose genti e di tesoro.
85Poi ciascun d’essi ogni pensiero, ogni atto
     E quella che il poter, l’ingegno e l’arte
     Somma ad entrambi autoritade han fatto

  1. Can della Scala, signore di Verona, e Matteo Visconti detto Il Grande, signore di Milano, ambedue ghibellini.