Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/354

     Disse: Che parli tu? Frate, chi sei?
     105Ma il vecchierel, già ricomposto in viso,
Di subito a dir prese: Io non saprei
     Qual altra, o signor mio, più di tua vista
     Giugner cara potesse agli occhi miei.
Ch’or del gran carme tuo pasco la trista 1
     110Anima, e piango con la gente umile
     Che il ciel sospira e il ciel penando acquista.
Volea più dir, ma del novello stile
     L’alto maestro, le severe gote
     Alquanto raddolcendo: Alma gentile,
115Se a fidanza allettar fidanza puote,
     Prego che a me significar ti piaccia
     Donde e perchè quelle sdegnose note.
E l’altro: Indarno uom rinnovar procaccia
     Se stesso tutto quanto; in lui l’antico
     120Uom vive, e sempre non avvien ch’ei taccia.
Non ti maravigliar di quel ch’io dico;
     Io mi son tal che non avria sofferto
     In pace un tempo il tuo parlar nimico.
Ma il celeste favor, gli anni e il deserto
     125Di tanto questo cor disacerbaro
     Che, in pria che sappi come scusa io merto,
Perdon ti chieggio di quel detto amaro:
     E poichè udir di qual fiamma procede
     Questa favilla, come par, t’è caro,
130Sì m’aggrada il rispondere a tua fede,
     E sì d’incomparabile martìre
     Trovar mi giova in alto cor mercede
Ch’io volentier mi rendo al tuo desire.
     E già ’l buon veglio, a cui dolenti stille
     135Velarono le luci, era il sul dire,
Quando s’udì la voce delle squille
     Che a sera invita a salutar Maria;
     Ed amendue chinando le pupille
S’agginocchiaro in mezzo della via.

  1. È cosa certa che la cantica del Purgatorio non fu divulgata innanzi al 1315: parrà quindi verisimile che, mancando allora la stampa, non prima del 1318 pervenisse alle mani del monaco dell’Avellana.