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70Qual chi l’animo intende volentieri,
S’atteggiò l’eremita; e quel soggiunse:
Tu dei saper ch’io son Dante Alighieri.
Tutto visibilmente si compunse
Il sacro veglio d’alta riverenza
75Dinanzi a lui che proseguia: Se giunse
Alcuna di mio nome conoscenza
Per ventura quassù, credo saprete
Che a me fu madre e me cacciò Fiorenza.
Fiorenza no, ma le superbe e liete
80Della miseria mia belve bramose,
Le quai per arti perfide, secrete,
E scaltri accorgimenti e vie nascose,
Sotto lo strazio delle sanne loro
Trasser quell’egre a cui le membra han rose.
85Genti che l’ombra de’ rei gigli d’oro
Vasta ricopre, e a cui soccorso è fido
L’avara 1 che di Cristo fa tesoro.
Quelle m’han chiuso il mio diletto nido,
Perchè a svelar l’insidïosa guerra
90Levai primiero arditamente il grido.
Di stagione in stagion, di terra in terra,
Me, me, senza conforto altro che l’arte
Ond’io pur tutto non andrò sotterra,
Me poco tetto mendicando e parte
95Scarsa d’amaro pan, stanco, fugace
Manda la guelfa generosa parte.
E fora in prima di pietà capace
Alma, cred’io, d’ircana tigre o d’angue;
Chè il guelfo vincitor, lupo rapace.
100In cui l’ingorda voglia mai non langue,
Dà nell’aver di piglio... All’improvviso
Sclamò ’l romito: e il ghibellin nel sangue.
Dante ristette e, lui guatando fiso,
- ↑ Dante, siccome ghibellino, era avverso alla corte di Roma, cui spesso con aspre parole accusa di avarizia. Nondimeno quanto veracemente ei fosse ossequioso all’autorità della Chiesa lo dimostra in assai luoghi della Divina Commedia.