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DI GIOVANNI MARCHETTI.

Una notte di Dante.


Canto Primo

 
Su pel selvaggio dorso d’Apennino,
     In quella parte ove di sè fa schermo
     Dal torbid’Austro al glorïoso Urbino,
Chi tre miglia affatichi il piè mal fermo
     5Vede al fin, sotto a bianco scoglio alpestre,
     Le vecchie mura nereggiar d’un ermo.
Anime belle e di virtù maestre
     Giunte in vincol di legge e di concordia,
     Se furor scellerato armi le destre
10E spiri al mondo l’infernal Discordia,
     Lassù co’ preghi, col digiun, col pianto
     Chiama dal regno suo misericordia.
Già dal remoto monistero santo,
     Che nome tien dell’Avellana fonte
     15Alto suonava e non bugiardo il vanto
Fra le italiche genti, che sì pronte
     Torcean le maledette armi in lor danno;
     Quando solingo testimon fu ’l monte
Di ciò che le mie rime oggi diranno.
     20Dopo mille e trecento dal fecondo
     Virgineo grembo, il diciottesim’anno,
Era del quinto mese il dì secondo,
     L’ora appressava del silenzio amica,
     E il vespertino zefiro giocondo
25Movea le chiome della selva antica,
     Quand’uom di dolce maestate adorno,
     Cui visibil pensier grave affatica,
Parve in sull’uscio di quel pio soggiorno:
     Il volto sollevò pallido e scarno,
     30E lentamente girò gli occhi intorno.
S’affise là dove sue fonti ha l’Arno,
     Qual chi mesto saluti di lontano
     Cosa gran tempo lacrimata indarno.