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interi, e più d’uno dimenticò qualche volta i suoi affari per pensare e commentare il testamento favoloso e gettare qualche pietra sul fortunato erede.
Ma la meraviglia raggiunse il colmo allorchè si seppe sul finire dell’anno, che Massimo erasi fidanzato con Lara Mannu e che le due famiglie nemiche avevano finalmente conchiuso le paci.
Così era: viste sfumate lo sue ultime speranze, don Salvatore, cieco d’odio e d’ira, vieppiù per l’ultima domanda di Massimo, ch’egli credeva solo un insulto vigliacco di nemico vittorioso, covava già in cuore cruenti progetti di vendette tenebrose e terribili e pensava di riaccendere la face dell’odio avito, qual era nei bei tempi antichi, allorchè un giorno un alto personaggio di X*** lo onorò di una visita e, seriamente, gli rifece per parte di Massimo la straordinaria domanda. Sulle prime don Salvatore salì su tutte le furie, scordandosi perfino con chi era, — ma l’alto personaggio lo richiamò all’ordine con parole assennate, ricordandogli che ormai i tempi dell’odio sono trascorsi, e che un buon padre non poteva rifiutare per sua figlia una simile fortuna qual era quella che gli si presentava con Massimo. — Allora don Salvatore chiese tempo e, sbalordito dal coraggio di Lara, che gli confessò tutto, rispose con un bel «sì,» che certamente non sarebbe uscito dalle sue labbra senza l’eredità conseguita dal giovine nemico.
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E ora Lara si chiama la signora Massari e non pensa più a morire, non s’ingolfa più in pensieri filosofici, in idee scettiche e melanconiche, non dice più che il suo cuore è simile ad un giacinto diseccato, crede che Nunzio sia morto per disgrazia e Marco di febbre, visita Mariarosa e frequenta la società di X*** che prima odiava, e sorride sempre tra i fiori della palazzina bianca e fra i baci del forte cavaliere biondo dei suoi sogni fantastici, che, nelle notti di luna, prendendosela sulle ginocchia, nei veroni fioriti e fra i profumi salienti dalla valle, le narra care leggende, con gli occhi fulgenti d’amore e felicità.
FINE