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conservava però tutto il ricordo dell’ultimo convegno, e un barlume di gioia nel fermo pensiero che fra due mesi doveva morire. — Sì, tutto era finito, decisamente finito! Lara non pensava più a Marco, nè alla famiglia, nè a Massimo: non pensava a nessuno: si ricordava di aver immensamente sofferto, ma si consolava ripetendosi con un vago sorriso a fior di labbro: fra due mesi, fra due mesi!...

Per le imposte socchiuse penetrava la luce d’oro fiammante di una torrida giornata di luglio, ma Lara non provava caldo, e con gli occhi chiusi, abbandonata ad un torpore pesante, vagava su mille cose, su mille pensieri confusi, vorticosi, indistinti fra la veglia e il sonno. Sul tardi la porta della sua camera si aprì, entrò Pasqua e accostandosi al letto di Lara, la scosse dicendole: — Ehi, signora! Sono le dieci! Perchè non ti levi? Ti sei coricata tardi ieri sera?

— No! — rispose Lara senza muoversi, gli occhi sempre chiusi.

— E allora perchè non ti levi? Sono le dieci, sai!...

— Lasciami stare, noiosa! Mi sento male...

— Quand’è così... — fece Pasqua con leggera ironia. Girò sulle calcagne e se ne andò via cantarellando, mentre Lara ricadeva nel suo sopore. Ma dopo un poco la porta si riaprì e comparve il volto pallido e calmo di donna Margherita, che si avvicinò senza far rumore sino al letto di Lara e le posò una mano sulla fronte. Lara trasalì e spalancò gli occhi.

— Tu sei malata! — disse donna Margherita. — Vuoi che avvisiamo il medico?

— Il medico?... — esclamò Lara sedendosi sul letto. — Scherzate, mamma?...

— No! Pasqua mi ha detto che tu sei malata, e infatti...

— Lasciatela dire! Mi leverò subito, subito! Malata? Medico? Ma che! Mi leverò, mi leverò... subito... subito!....

Donna Margherita uscì scrollando la testa. Allora Lara si mise a vestirsi lentamente, pensando: — Un medico?... Farmi guarire? No, no, io non voglio. Bisogna mostrarmi sana... — Ma vestita che fu, le gambe le si piegarono e cadde seduta sulla sponda del letto, col viso orribilmente pallido.