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l’imbrunire si recò da Lara, che lo accolse col suo solito fare cortese ma freddo.
— Andiamo in giardino, — disse Marco, — ho da parlarti....
Uscirono: donna Margherita si affacciò alla finestra per non perderli di vista, ma ciò non impedì che Marco offrisse il braccio a Lara e la conducesse sotto gli alberi.
Era un bizzarro imbrunire: dal cielo velato piombava giù un caldo asfissiante, grave, umido: non un soffio di brezza, non una delle splendide tinte dei crepuscoli estivi. Nell’orto non si moveva una fronda, non cinguettava un uccello: i cactus bianchi, i gigli bianchi, le rose bianche olezzavano con un profumo fortissimo che inebriava; e su, sulle creste dei monti, vaghe strisce di nebbia tremavano con un triste sorriso grigiastro. — Quando furono tanto lontani da non essere intesi, Marco si fermò e guardò fisso la fanciulla, più triste ancora e fredda del solito, pallida sotto quel tetro crepuscolo di piombo. Solo allora essa si avvide del turbamento di Marco.
— Che hai? — gli chiese. — Perchè sei così pallido?
— Nulla, Lara!... E che dovrei avere quando tu ti pigli il più crudele gioco di me? Lara, mi pare che sia tempo di finirla!...
— E sempre sospetti! Che vuoi dire? Non ti comprendo....
— Andiamo avanti, e ascoltami. — Camminarono avanti, ma si fermarono vicini al castello. — Non mi comprendi dunque, Lara? Chiedi allora a questo cancello ciò che io voglio dire...
Lara tremò, si vide perduta. Marco sapeva tutto! Tuttavia cercò farsi coraggio ed esclamò con un sorriso forzato: — No, ne capisco più poco! Su, signor cancello; risponda lei! Non risponde!...
S’inchinò al cancello, ma, buon per lei, esso restò muto. A Marco fece male questo scherzo: i suoi nervi orribilmente tesi vibrarono come sotto una scossa elettrica e il suo volto divenne livido.
Lasciò il braccio di Lara, e disse ruvidamente: — Giù la maschera, Lara, giù! Il cancello non può rispondere, ma ti risponderò io per esso. Ieri notte, qui, proprio qui,