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Il pastore gli aveva per ciò posto un forte amore, una riconoscenza senza limiti, e sovente soleva dire che se un’altra persona dovesse mai entrare a far parte nella Trinità di Dio, questa era certo l’avvocato Ferragna. Si chiamava Luigi, soprannominato Morolungo, probabilmente per la sua alta statura e la sua carnagione nera come quella di un africano. Vestiva, al di sopra del costume unto e lacero, una specie di sopravveste di pelli nere con la lana, ridicola, informe, ma usatissima nei pastori sardi, talchè nell’elegante studio di Marco Ferragna, che pure vedeva visitatori di ogni colore, formava una macchia molto stonata e assai poco pulita.

— Ebbene, compare Luì, — gli disse famigliarmente Marco, — in che posso servirvi?

— Servirmi! — rispose il pastore, sgranando gli occhi con un lampo di gratitudine. — Le pare? Non me ne ha già reso abbastanza dei servigi e di carità? Vengo piuttosto a sdebitarmi alquanto verso di Lei. Ma siamo davvero soli?

— Sicuro! — esclamò Marco, messo in curiosità.

Luigi Morolungo accostò delicatamente la sua sedia allo scrittoio, tutto timoroso di insudiciare i mobili o le carte, e parlò a lungo con l’avvocato. A misura che egli parlava, Marco impallidiva, quasi ascoltando la rivelazione di un tremendo segreto, e dopo che Luigi se ne andò seguito da uno sguardo di odio e di riconoscenza insieme, egli chinò il capo fra le mani e rimase così, lung’ora, muto, immobile, col cranio flagellato da una di quelle tempeste di pensieri più terribili di quelle del mare. Luigi aveva rivelato che Lara, la sua fidanzata, faceva l’amore con Massimo Massari; li aveva visti lui stesso con un altro compagno una sera dell’agosto passato baciarsi fra le rocce della montagna, sotto l’elce del castello; aveva veduto Massimo uscire dal cancello dei Mannu una notte dell’ottobre trascorso; aveva la sera prima assistito al colloquio dei due giovani dietro al cancello e veniva a rivelare tutto al fidanzato tradito, veniva a parlare non ostante la minaccia di morte che Massimo gli aveva prodigato sulla montagna, ove del resto egli e il suo compagno avevano fatto mostra di non riconoscere Lara. — veniva a pagare con la sua delazione, col suo vile spionaggio, il sacro debito che conservava con Ferragna.