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— Finalmente! — esclamò Lara.

— Finalmente! — rispose lui stringendola al suo cuore.

— Perchè non sei più venuto?

— L’ultima notte, — disse Massimo, — un uomo mi vide uscire di qui e mi seguì per un tratto; non lo conobbi, ma son certo ch’era un contadino. Per prudenza non ritornai più...

— Ti avrà conosciuto?

— Non so; forse no, perchè anch’io non lo conobbi.

— Se sapessi come ho sofferto! Credevo che tu mi avessi scordato!

— Pazzarella!... — esclamò Massimo. E il bacio che le diede, la convinse del grande errore in cui era caduta.

— Mi hai scritto?

— Sì, e tu?

— Anch’io!

Si ricambiarono le lettere e si divisero. Nella sua Lara avvertiva Massimo dell’assenza del padre e gli indicava la notte in cui si sarebbero veduti a lungo senza pericolo.

Quanto a quella del giovine, finì col far tornare il sorriso sulle labbra scolorate di Lara, che dimenticò interamente quei quindici giorni d’inferno in attesa della prossima notte di paradiso.


XXVII.


— Rinchiudi bene le porte, Peppa, stasera il babbo è assente, tu lo sai bene, e ci si potrebbe fare qualche brutto scherzo, — disse una sera Lara alla serva, quando senti suonare il tocco delle nove all’orologio della torre di Santa Maura.

Peppa assicurò bene tutte le porte, poi se ne andò a letto augurando la buona notte alla padroncina, che rimase leggendo accanto al fuoco. — Suonò un quarto... Lara lasciossi andare sul grembo il libro che leggeva ma di cui non capiva una parola e alzò il capo. Dunque tutti dormivano! La mamma, la sorellina, le serve? Dunque il padre era assente e lei quella sera era sola, proprio sola? Un sorriso di gioia, d’incredulità sfiorò le labbra di Lara e le trasfigurò la fisionomia per il solito pensosa e dolente. Ma era proprio vero? non sogna-