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canto quinto. 91

La fama sua, che già svanita ei crede
Come nebbia del Cona. — O sposa amata,
O Bragela gentil, perchè sì lungi
380Se' tu da lui, che serenar potresti
L'anima dell'eroe? ma lascia, o bella,
Che sorga luminosa entro il suo spirto
L'amabile tua forma: i suoi pensieri
A te ritorneranno, e la sua doglia
385Dileguerassi al tuo sereno aspetto.
     Chi vien coi crini dell'etaden 1? il veggo,
Egli è 'l figlio dei canti. Io ti saluto,
Carilo antico, la tua voce è un'arpa
Nella sala di Tura, e i canti tuoi
390Son grati e dolci, come pioggia estiva
Là nel campo del sol. Carilo antico,
Ond'è che a noi ne vien? — Ossian, diss'egli,
Delle spade signor, signor dei canti,
Tu m'avanzi d'assai. Molt'è che noto
395A Carilo sei tu: più volte, il sai,
Nella magion del generoso Brano,
Dinanzi alla vezzosa Evirallina
Ricercai l'arpa: e tu più volte, o duce,
Le mie musiche note accompagnasti:
400E talor la vezzosa Evirallina
Tra i canti del suo amor, tra i canti miei
Mescea la soavissima sua voce.
Un giorno ella cantò del giovinetto
Corman, che cadde per amarla: io vidi 10
405Sulle guance di lei, sulle sue ciglia
Le lagrime pietose: ella commosso
Sentìasi il cor dall'infelice amante,
Benchè pur non amato. Oh come vaga,
Come dolce e gentile era la figlia
410Del generoso Brano! — Ah taci, amico,
Non rinnovar, non rinnovarmi all'alma
La sua memoria: mi si strugge il core,
E gli occhi mi ringorgano di pianto.
Il diletto amor mio, la bella sposa
415Dal soave rossor, Carilo, è spenta.
Ma tu siedi, o cantore, e le nostr'alme
Molci col canto tuo, dolce ad udirsi
Quanto di primavera aura gentile,
Che nell'orecchio al cacciator sospira,
420Quand'ei si sveglia da giojoso sogno,
Tra 'l bel concento dei notturni spirti.

  1. Coi capelli canuti.