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antichi documenti, il solo breve riassunto che ci fornisce il Celestino sulle fiorenti condizioni di questo ramo d’industria nelle nostre Valli, può bastare ad accennarci quanto a nostri giorni sia scaduto e come potrebbe avviarsi a più prospero stato. «Ne’ Comuni di Gromo, Valgolio e Gandelino si fabbrica, nara egli, ogni sorta di spade, pugnali, cortelle ed arme d’asta; nelle quali entra acciajo e ferro e carbone: e prima si cavano le vene sotto terra nel fine della Valle, le quali sono appropriate parte all’acciajo e parte al ferro: e poi si calano in due forni fabbricati nel comune di Scalve. In sette edifizi di fuochi grossi si lavora il ferro crudo, che deriva dai due forni; ne’ quali fassi acciajo e ferro, sì per le arme, sì per l’acciajo solo, che si manda fuora in cassette. In dodici fuochi minori si lavorano spade, daghe e cortelle; ed ogni fuoco ha un maestro con la servitù di sette o otto persone appresso. In tre o quattro fuochi si lavorano le arme d’asta, con due o tre persone appresso al maestro nella fucina. Ogni fuoco o fucina ha una mola e più per finire le dette arme, ed in ciascuna lavorano due o tre persone. Spade cortelle se ne fabbricano da quattrocento al giorno in tutto; pugnali e daghe da ottocento; ma o queste o quelle solamente. Arme d’asta delle grandi da cinquanta, e delle piccole il doppio al più; ma cesserebbono quelle, perchè gli stessi maestri fanno le une e le altre. Le suddette armi si dispensano in diverse parti, cioè per l’Italia, per la Spagna, per l’Alemagna, e parte per la Francia»1. E anche fino al declinare del passato secolo un Podestà di Bergamo in una sua relazione asseriva: «Fra le altre fu celebre e diramata ad un tempo nella provincia di Bergamo l’arte di costruire l’arme bianche ad uso militare, specialmente nelle terre di Gromo, Valgolio ed altre della Valle Seriana; e potè fornire fino alla metà del pre-


  1. Historia di Bergamo, lib. X;, c. 36.