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a Collegi di fabbri, di dendrofori, di centonari, e ad altri offizi di fabbrili lavori e di armerie1. Una fra le altre famosa e di singolare importanza è quella che ripartano i nostri scrittori, già esistente in Clusone, e che ora si può riscontrare conservatissima nel patrio Museo; e comecchè mutila nelle prime righe, ben conservata nelle parli che più fa al nostro scopo, dice così:
. . . . . . . .
ARMORVM CVSTODI
SECVNDIO ET TERTIA
SORORES
EX TESTAMENTO
EIVS
FACIENDVM CVRARVNT.
E sotto di essa lapide pure ben conservalo trovavasi un basso-rilievo portante l’indizio di un’armeria e l’effigie loricata di un custode di essa; come accuratamente ai suoi tempi notava di avervi riscontrato il P. Celestino: «la figura d’un uomo con un manto, avente da una parte una spada, uno scudo, un elmo ed un bracciale; dall’altra un usbergo, una lancia ed altre armi». Al che tutto pare non aver badato il Brocchi2, o non avere avuto notizia di questa nostra lapide, la quale può essere di decisiva importanza nella presente questione. Perchè quantunque si voglia convenire con lui a non tener calcolo delle iscrizioni generali, che si riferiscono ai Collegi o Prefetti dei fabbri, perciò che «Faber presso i Latini non era circoscritto alla professione da noi indicata collo stesso nome, ma era un vocabolo generale applicato a una moltitudine di mestieri