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I


Farro Marchi incontrò un amico giornalista. Passeggiarono per via Roma, Piazza Castello. Il giornalista sarebbe partito due giorni dopo per Parigi, inviato speciale ad un Congresso qualsiasi — si stimò in dovere d’invitare a cena lo scrittore. Mentre si avviavano all’Alfieri chiese a Farro se aveva deciso di stabilirsi per sempre a Torino:

— «No: è una città troppo lontana dal movimento intellettuale. Ritornerò a Roma tra qualche giorno. Mi piace Torino come vita industriale, solidità costruttiva, ma la mancanza di un commercio vario ed internazionale impedisce lo sviluppo artistico. Rimando la partenza perchè voglio assistere alle prove del nuovo motore FIAT — m’interessa moltissimo. Il prossimo anno andrò al Gran Premio d’Europa».

Entrarono all’Alfieri — un’orchestra tzigana si dissanguava mollemente — il primo violino accompagnava la musica col movimento elastico del corpo

Un tavolino d’angolo quasi appartato dal resto della sala: dopo qulche minuto Farro guardò distrattamente le figure riflesse in uno specchio — sussultò. Dietro di lui, a due tavolini di distanza, Sona Vinki cenava con un uomo, uno sconosciuto