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succedevano e si dominavano senza ordine costruttivo.

Finalmente il cervello frenò ogni acrobazia, impose la propria superiorità. Lentamente le potenze naturali della sua individualità riacquistarono il centro d’azione, divennero i motori sicuri della sensibilità.

Respirò un benessere largo, immenso, senza limiti. Gli sembrò, per la prima volta, d’iniziare un periodo privo di responsabilità, guidato dall’istinto. Lo spirito vibrava liberissimo, finalmente «suo».

Dopo aver anatomizzato minimamente, in ogni particolare, la sua anima, si convinse che l’amore era stato vinto e superato dal cervello.

Egli con sincerità e con gioia aveva trascorso quattordici mesi, dove tutto quanto esisteva in lui di atavico, di debole, di molle, di sentimentale era stato succhiato fino in fondo dall’amore. Aveva subito l’esperienza più forte: la suggestione e l’influenza di una donna che riducevano ogni modernità ad una valutazione esteriore, perchè guardata con gli occhi di un sentimento contrastante alle sue leggi.

La crisi dell’abbandono lo aveva poi strappato per sempre da un dissanguamento eccessivo.

Il futuro gli appariva ora come una cosa sua, da plasmare con le sue capacità, interpretare con il suo spirito, godere con i suoi sensi.

La figura di Sona la sentiva lontana, impalpabile. Aveva una sola nostalgia, quella fisica, che lo rodeva. Gli amplessi brutali dei postriboli lo disgu-