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Molte persone si erano intanto avvicinate al loro tavolo: la conversazione degenerò in una serie infinita di argomenti — la voce metallica di un noto scrittore dominò le parole, riassumendo l’interesse di una questione d’attualità.

Arenda parlava sottovoce con Farro:

— «Che cosa esponi a Roma?»

— «Venti quadri: dei paesaggi americani, delle interpretazioni ambientali di Parigi e alcuni ritratti di Sona che ò dipinto in questi ultimi mesi, riuscendo a costruire tutta l’architettura espressiva della sua sensibilità. Sono ritratti importantissimi come carattere psicologico, che rendono esattamente la mia comprensione della sua opera letteraria: soggetti chiari e definiti, perchè ò sempre creduto che il nostro mondo artistico deva basarsi sulla direzione immediata dei propri sensi».

Sona, che scherzava ridendo con un gruppo di pittori, si rivolse a Farro:

— «Nessuno vuol convincersi sull’assoluto della nostra fedeltà».

— «Infatti tu mi ài tradito molte volte con i personaggi dei tuoi romanzi, quando non mi rassomigliavano moralmente».

Si era fatto tardi: il gruppo si sciolse lentamente.

Trascorsero la sera al «Teatro di Stato», il primo costruito a Milano dai futuristi, col palcoscenico girante.

Raggiunsero tardissimo la loro camera: sotto la luce densa della lampadina rossa, la suggestione della loro intimità aumentava.