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dovremo essere inesorabili. Per ora siamo costretti a mantenere l’arresto».

I due artisti furono separati e vigilati in due celle diverse e lontane tra di loro, nello stesso Palazzo del Governo.

Sona e Farro provarono entrambi le medesime sensazioni. Colpiti all’improvviso, senza possibilità di difesa, in un Paese straniero dominato da leggi eccezionali per la minaccia della guerra, non sapevano a quale mezzo ricorrere per risolvere subito la situazione. Ore d’incertezza terribile, nell’inutile tensione della loro energia.

La notte trascorse in un silenzio denso di oppressione.

La mattina seguente, prestissimo, Pedro Juanil entrò nella cella di Sona. Attraverso la porta semiaperta, vigilava un soldato meticcio.

Il peruviano era leggermente pallido ed aveva le labbra che tremavano; ma egli cercava di assumere un aspetto triste e addolorato, corrispondente alla circostanza.

Sona comprese immediatamente la direzione del suo inganno.

— «Ho ricevuto la notizia del vostro arresto e sono subito accorso: tenterò l’impossibile per liberarvi, dal momento che non credo per nulla all’accusa».

Sona non rispose: ella si limitava a fissarlo freddamente negli occhi.

Pedro Juanil comprese che bisognava tentare senz’altro la risoluzione: egli aveva giocato l’avventura