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I



Sul transatlantico che li portava in America, Sona e Farro passavano lunghe ore nella tranquillità dondolante del ponte, a respirare l’intenso profumo delle sere tropicali. Una calma intima, quasi morbida, era succeduta ai giorni tristi della partenza: superate le difficoltà non rimaneva del passato che un ricordo grigio, disfatto dalla luce rosa del domani — l’ignoto li trovava uniti, pieni di entusiasmo giovane, nel caldo desiderio della lotta artistica.

Il ponte del transatlantico, deserto, li avvolgeva con le ombre geometriche delle sue costruzioni. L’ansimare monotono delle macchine aveva una pesante relazione con gli ultimi riverberi del tramonto. L’atmosfera rossa si consumava lentamente in una densità di toni viola.

Erano stanchi di parlare: sdraiati nelle poltrone di vimini godevano la suggestione di qualche nota fresca. Il calore del pomeriggio trascorso premeva sulle palpebre, slegava i nervi, attenuava il pensiero.

Farro si addormentò: un sonno che durò forse dieci minuti, ma nel sogno il subcosciente vive con una velocità incalcolabile, senza limitazioni di tem