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Del giudicio d’un grande usuraio ne la città di Padova.
CAP. 11.°
Ne la città di Padova fu un usuraio forestiero, el quale d’usura raccolse grandissima moltitudine di robba, intanto che si diceva che lassò doppo se tra in denari e in derrate, ben trecento migliaia di fiorini d’oro: e pochi fondachi o bottighe erano in Padova, dove non fussero de’ suoi denari. Costui andava sempre abbottonato d’ariento,1 contrafacendo tutti e frutti dell’anno; e quando mangiava, teneva su la mensa un carro d’oro per salettiera co’ buoi e col bifolco; et, ancor alcuna volta quando mangiava, si faceva ponare dinanzi in su la mensa quattordici borsegli con quattordici migliaia, di ducati d’oro dentrovi; e questi diceva che era l’uno Gesù Cristo, e l’altro la Vergine Maria, e gli altri e’ dodici apostoli; et era abominevole cosa quello che faceva
- ↑ Sembra che portasse per ostentazione bottoni d’argento foggiati a frutti. E in quei tempi si poneva sulle vesti di bottoni gran numero. Erano usate fibbie d’argento perlino al peso di 12 once l’una, che più era vietato.