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convento di Siena ha per usanza di non addimandar mai nessuna eredità, senza licenza e volontà del frate medesimo a cui ella tocca, e massimamente a’ frategli e figliuogli e suoro e figliuogli de’ frategli, sícchè sta sicuro, che nessuna tua eredità sarà mai adimandata più che tu ti voglia; e così mi credetti e tennilo per costante. E doppo questo, io ebbi Niccolò mio fratello sopra detto, el quale poteva avere allora da diece agli undici anni, e şì gli dissi el fatto de la parte de la mia eredità come la cosa stava, e che l’Ordine mai non gli li adimandarebbe nè a lui nè a’ suoi figliuoli o maschi o femine che fussero, oltre a la mia volontà. Sicchè io voglio far con teco questo patto, cioè che tu t’abbi liberamente tutta la eredità di nostro padre, e non ne voglio se non solamente la mia necessità, e ogn’altra cosa t’abbi. Sì vero che, se tu muori innanzi a me senza figliuoli, voglio che tu facci a me quello che io fo a te, che tu mi lassi la mia parte liberamente, e tutto o la maggior parte del tuo, e così rimanemo insieme in piena concordia ne la presenzia di Dio solamente. E poi mentre che ’l sopra detto Niccolò visse, così m’attenne come mi promisse, ed anco più pienamente assai che non m’aveva promesso. E poi in più e in più infermità ch’egli ebbe so’ certo ch’egli mi lassava ciò che egli aveva nel mondo, e acciò che io ne potesse fare ciò che io volesse, senza ’npaccio di persona. Andò da Mantova a Venezia per lo Couseglio, e fu consegliato che egli mi lassasse, che io ne facesse quello che egli m’aveva detto in penetenzia, e questo faceva acciò che io fusse più libero a farne ciò che io volesse. E di queste cose sopra dette so’ certo che egli mi disse ’l vero puramente, però che in fin da piccolino non m’avidi mai che gli uscisse una bugia di bocca.

Io frate Filippo di Lonardo di Cola sopra detto, pririore di Selva di Lago dell’Ordine de’ frati romitani di