Pagina:Filippo da Siena - Gli Assempri.djvu/170

138

ch’egli ardesse di carità. E d’ogni aversità e prosperità altrui, così si rattristava e ralegrava come fusse stata sua propria. Et i forestieri che gli capitavano a casa gli riceveva con tanto amore e carità, che tutti pareva che gli fussero fratelli e figliuoli, che longo tempo non gli avesse più veduti. E mai di sua bocca non esciva parola oziosa o reprensibile. Vacava molto a orazione di dì e di notte et innunque egli andava per lo Luogo sempre andava orando. Viddi questo di lui in parte e parte udii da un caro suo amico, che ragionandosi co’ lui, semplicemente gl’il disse ciò,1 fu che nel tempo che l’officio de’ Nove2 si mutò, che reggeva la città di Siena, e resse doppo loro l’officio de’ Dodici; fu veduto venire ne la Selva del Comune di Siena un figliuolo di Messer Ranieri da Casole con alquarti fanti. E siccome

  1. Così l’orig. Ma forse il ciò vuol significare ciò che fu, come rettamente dovrebbe scriversi.
  2. Cadde il Magistrato de’ Nove l’anno 1355, e fu in gran parte per fraudolenti instigazioni di Carlo IV imperatore. Durante gli sconvolgimenti che ebbe a sopportar la città nelle lotte di quell’anno fra i nobili e il popolo, molti signori di contado si ribellarono colle castella loro, fra’ quali Massa e Casole; ribellione che fù ferocemente repressa.