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132 TRATTATO

gione, che all’hora l’huomo si può servire del predetto ferro rivolto sopra essa, insinatanto, ch’ella sia ridotta nel suo pristino stato.


Del cavallo, che non si vuole lassare ferrare. Cap. XXIX.


PErche alle volte avviene, che alcun cavallo nell’essere ferrato di dietro, non vuole star quieto, ne pacifico, perciò egli m’è parso essere cosa necessaria discorrere alquanto sopra questa materia; accioche trovandosene l’huomo un simile, possa sapere il modo, & via, che seco ha egli ad osservare. Ei ciò sarà, che con il cavallo di gentil’animo piacevolmente proceda, ne li ponga al naso moraglie, ne men li stringa l’orecchia con quella corda posta d’entro un bastone, che tra noi s’usa addesso, perche cosi astretto gran passione riceve; ne tal cavallo d’animo gentile ciò ricerca; ma ben al vile poltrone, & vitioso si dee porre; perche quello d’animo gentile, & coragioso quanto piu egli è astretto con tormento, tanto più diviene focoso, fiero, & rincrescevole. Con esso dunque fa mestieri usare la piacevolezza come ho detto, montandoli alcuno sopra, che hor con buone, & hor con terribile parole l’intertenga; perche quando non operassero le buone, le terribili lo traranno fuor del pensiero cattivo, grattandoli (quando egli però s’acquietasse) il collo, & capo. Et quando questi rimedi non giovassero voglio, che con un panno li sian coperti gli occhi; perche non vedendo egli lume potria quietarsi. Ma non si quietando anco per ciò, all’hora s’imbalcieranno le braccia con la gamba, che non si vorrà ferrare, ponendo all’altra una balza con uno annello dentro, & in quello si metterà una corda intrecciata con la coda d’esso, la quale si tiri tanto, che venga alzar quella gamba quando sarà necessario. Et tenuta poi da un altro sospessa, che cosi si verrà a ferrare commodamente. Et s’alcun cavallo si trovasse, che non si potesse fare, che tenesse levata la gamba (però, che non tirasse calci) voglio in quel caso, che si piglia una cinghia, la quale li sia legata al collo; & abbracciata alla giuntura del piede, & tenuta d’alcuno tirata tanto che, l’alza come ho detto, che cosi tenuta poi da un’altro sospesa si ferrarà senza altro farli. Et quando pur ancho alcuno fusse, che con li sudetti provedimenti non si potesse ferrare, dico, che in quel punto si debba porlo nel travaglio, ò gettarlo à terra, usando finalmente ogni cosa, acciò egli si ferri, che lasciandolo di ferrare pigliarebbe il vicio, ne si ferrarebbe poi se non con gran fatica sempre, che si volesse, ò bisognasse. Et perche molta differentia trovo da natura, à natura de cavalli, perciò mi pare di replicare anchora per essere meglio capito, che con l’animosa, gentile, & gagliarda si faccia tutto temperatamente; essendo tai cavalli da comparare à un prodo huomo, il quale per la magnanimità, che è in lui, sempre si mostra più gentile, piacevole, & cortese verso chi seco cortesemente procede; ma con la poltrona, vile, & vitiosa, come quella di Frisoni si proceda aspramente, usando il peggio, che si può; perche non ricerca nè feste, nè carezze, essendo ella alla similitudine