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avedono del danno, che causano, però dico, che vorria in suo cambio si facesse una sorte di ferro, che s’adopera per cavalli barbari, ginetti, & turchi, quando si fanno correr al palio, che s’attaccano cosi bene, & forse meglio di quello, che non si farebbe con le predette cose. Et questo ferro è fatto di tal modo, che nella parte di fuori ha un cerchielo attorno, in guisa di seghetta, la quale s’atacca benissimo, ne nuoce, ne à piedi, ne anchora à nervi, & bisogna sia di ferro, che non habbia del tenero, anzi del crudo, & temperato, poi sia ben battuto, perche più s’indurisca, che non essendo duro tosto si frustarebbe il cerchiello. Ma inanti, che si ponga in opra tal ferro, & che si tempri, bisogna molto ben giustarlo co’l piede, & se l’huomo vuol, è in sua libertà di fare le punte d’esso cerchiello più, & meno accute, con la lima, secondo, che li piacerà; & parerà star meglio, & faccia, che la grossezza di dietro del ferro, sia uguale alli denti del cerchiello; & volendo nel mezo d’esso habbia alquanto dell’imbordito farsi, ma che l’imbordigione non superi, ne acho sia uguale alle punte della seghetta, ò cerchielo come si vuol chiamare, ma un pochetto più bassetta di quello, & accommodato poi che sia il tutto si temperi. Parimente si può usare in cambio di seghetta quella sorte di chiodi, che ho detto nel capitolo antecedente, che usano i Turchi, & sia il ferro di dietro come questo, che habbiam detto della seghetta.
Del modo, che si dee aprire il calcagno co'l tenerume d'osso, & del tor della punta dell'unghia, & ancho del netar quella di dentro. Cap. VII.
IL calcagno, col tenerume d’osso, detto fettone, come tra noi si dice, massimamente di piè dinanzi, vuole essere honestamente aperto, non intrando però troppo indietro, ma più, & meno secondo la sua bontà: che quando non è buono tanto più si dee avertirvi, perche s’indebolirebbe troppo, facendo altrimenti. Et quando alle volte (come in alcuni cavalli occorre per trascuraggine di chi n’ha cura) esso calcagno fusse di maniera indurito, che non si potesse adoperare incastro per aprirlo, & tuorre dell’unghia in quella parte, dico che in quel caso bisogna scaldarlo con ferro honestamente caldo: perche diverrà molle, & fatto poi, si ne torrà quella parte, che si conoscerà star bene, secondo la natura d’essa unghia. Si potrà ancho bagnare d’acqua calda in cambio di ferro caldo, che s’intenerirà medesimamente; perche fa egli come l’altro corno, che sentendo il calore divien molle. Dalla punta dell’unghia, si torrà quello, che si vedrà esser necessario per darli la proportione, che ad essa conviene, la qual cosa si conoscerà col farli porre il piede in terra. Et si netarà poi anco la cassa, di detto piè, con l’incastro, avertendo però bene di non giongere al vivo.
Della Trattamessa. Cap. VIII.
PErche accade alcuna volta al maniscalco, quando ferra il cavallo, che mette, & cava molte volte un medesimo chiodo, ò sia per non sapere