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XII.


                                                  Era un gaio cervello
Già di togate zucche nella dotta Bologna,
E di dottori in fieri la gioia e la vergogna;
Gran rompitor di ciotole, gran maestro d’imbrogli,
Satana dei mariti e Messia delle mogli,
Gettando nell’azzurro degli inconsci trent’anni
La fortuna di Rolla e il cor di Don Giovanni,
Vivea la vita come può viverla un uccello,
In aria, a caso, a voli dal fiore all’arboscello,
Immemore del prima, del dopo indifferente,
Pigro, annoiato, strano, volubile e innocente.
Solca dir d’esser nato alla vita mondana
Dall’abbraccio di un diavolo con una Dea pagana;