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i tre amanti di bella 57


Qualche gufo, fiutando, roteava sui Piombi,
E in aria si incontravano comandi di nocchieri,
Urli di ciurme e strofe di allegri gondolieri,
Canzoni della pesca e nenie del bucato:
Tuttociò, lungamente rifuso e trasformato
A furia di sbadigli e di malinconie
Dai poveri impiegati delle Procuratie,
Arrivava sull’alta finestra al giovinetto
Da quel sole improvviso rapito al cataletto.
Egli era sempre immobile fra i due vasi languenti,
Non so se contemplando l’aspetto dei viventi,
Come re Carlo Quinto dalla socchiusa bara,
O bevendo il viatico di una memoria cara.
Certo aveva la febbre, che non udì la porta
Cader sotto un gran calcio, e la sembianza smorta
Non rivolse che all’urto di un cavalier piumato
Che, chiamandolo a nome, gli sorrideva allato.


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