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un nuovo poeta romanesco. 25

un rimpianto e un rimprovero, entrambi giustissimi:


    La fede è morta! (dice don Clemente):
Si corre all'ateismo di galoppo!
— O preti, è vero! non crediam più niente,
Perchè voleste farci creder troppo.


IV.

Ma il pregio principale del nuovo poeta sta, secondo me, nella forma. Egli ha studiato a fondo e conosce perfettamente il suo dialetto, il quale, come ogni altro, per diventar lingua scritta non ha bisogno che d’esser messo in carta; quando per lingua scritta non s’intenda una cosa che, col passare dalle labbra alla penna, abbia da trasformarsi. Essendo dunque una lingua, il dialetto ha parole e locuzioni e leggi grammaticali proprie, le quali, finchè durano nell’uso, non si possono violare o al terare impunemente. Dopo il Belli, il Ferretti è il solo scrittore romanesco che abbia inteso bene questa verità, e siasi proposto di conformarvisi a puntino. Tutti gli altri (eccettuato il Chiappini, il quale però, per soverchia modestia, si ostina a rimanere inedito) han creduto di poter trattare il povero dialetto, come i più han trattato e trattano la lingua fiorentina, cioè come una cosa da potersi rimpastare a capriccio, senza avvertire che neppure