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sonetti. 95


XLVII.

PARLÀMOSE1 CHIARO.


     Dico, che v’ha pijato, eh, sor grostino?2
Chedè3 sta smania de venimme appresso?
Ma puro ve l’ho detto, eh, sor paino?4
Fussivo puro un prencipe, è lo stesso.

     Fo l’amore co’ Toto5 mi cuggino,
Che me vò tanto bene, e m’ha promesso
Che lu’ me spósa, e nun è un burattino.
Dunque, aria de qui, ch’adesso adesso

     Càpita da ste parte, e nun sia mai
Che lu’ ve vede, ce sarìa pericolo
Pe’ voi, più che pe’ me, de passà guai.

     Via, squajàteve6 dunque, bello mio,
Ché si nu’sbajo spunta in fónno ar vicolo....
Svérto, currete .... Aringrazziat’7 Iddio!



  1. Parliamoci.
  2. Bellimbusto, acconciato con ricercatezza, quasi come un crostino dal cuoco. E nello stesso senso dicono anche pasticcetto: (Allora un pasticcetto co’ li guanti,» ec . (Belli, Duec. Son., pag. 112.)
  3. Che è?
  4. Paino, in conformità della nota nº 2, qui corrisponde a quel che i Fiorentini, forse per antifrasi, chiamano logica; ma si estende anche a significare «qualunque persona vestita con cittadinesca eleganza,» e se ne forma paina, painetto, painetta, paineria e impainàsse (impainarsi), voci in uso anche nell’Umbria.
  5. Antonio.
  6. Squagliatevi, andatevene, scomparite come neve che si squagli.
  7. Sia ringraziato.