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62 | meditazioni sull’italia letteraria |
ma piuttosto che i fiori sono nati perchè c’è calore. Certi genï, va bene, spuntano in tutti i climi, perchè il calore l’hanno in sè. Ma una civiltà non è fatta di genî. I genî quando si fa il bilancio non contano; sono le masse che contano, è il pubblico. Un paese non è civile quando gli nasce un genio, che scrive un capolavoro, ma quando ha molti artisti che operano, senza cader mai al disotto di un certo livello; quando i pittori sanno che cosa è e che cosa deve fare la pittura, e gli scrittori la scrittura. Ma questo non si può ottenere che con l’ammirazione, che vuol dire chiaro intendimento del bello che è in un’opera.
23 Dicembre
Il guaio della critica italiana come la si fa oggi, non è che partisca con nitidezza le cose d’arte in belle e brutte, ma che non le partisce affatto; che per non aver a core di trovare « le belle » e per timore di trovare « le brutte » rimescoli e confonda come fa il vento sulle biade, in modo che tutte le uguaglia le belle e le brutte; mentre l’ammirazione che è coraggio, (perchè l’affermare che ti fa responsabile, è più duro che l’obbiettare o il dettar condizioni) è ricca di sottili gradazioni più che la tavolozza del Credi che adoperava cento pennelli.
Che ha detto la critica italiana di Segantini, di Fattori quando erano vivi? Che ha detto di Pascoli, di Gozzano, di Verga? Anche ora qualcuno tra gli Italiani che i posteri chiameranno « divino » o « grandissimo » c’è di sicuro e molti che nessuno