Pagina:Ferrero - Meditazioni sull'Italia, 1939.djvu/231

212 giudizio di egidio reale


i suoi difetti, con gli entusiasmi e le delusioni, le passioni e gli sconforti, le esaltazioni e gli abbandoni, le esuberanze e le generosità, le fantasie, i sogni, financo i capricci.

Ma neppure questo lavoro lo placa; egli persegue ansioso il suo scopo.

«Perchè l’Umanità deve soffrire?» domanda egli d’un tratto poco prima di andarsene dall’Università di Yale, ove tante simpatie ed un così vivo senso di ammirazione aveva destato — ad uno dei suoi compagni di lavoro, e di studi che dalla domanda improvvisa resta turbato e pensoso. — «V’è forse, nel mondo, un luogo dove gli uomini non soffrono, dove la vita si svolge nella serenità e nella dolcezza, dove si ritrovi alfine la felicità?» E’ il motivo fondamentale della sua vita e del suo pensiero che torna incessante. Ed egli parte ancora, alla ricerca dei silenzi di un paese senza macchine, ove gli uomini vivano a contatto della natura, e dalla terra vedano uscire i frutti più squisiti e la vegetazione più rigogliosa, verso i villaggi e le campagne abitati dagli Indiani del Messico. E neppure qui lo trova.

Ed allora, se la felicità è una menzogna, se il dolore è la sola legge dell’Umanità cui sottrarsi non è possibile, se sono fantasie e sogni le belle cose che egli ha tanto amato e per le quali ha tanto sofferto, a che la vita?

E l’inquietudine si fa più viva e più acuto si fa il tormento. Non è forse in questo suo tormento interiore, che egli nasconde sotto la grazia del più dolce dei sorrisi, qualcosa che l’avvicina e lo ricongiunge all’eroe di quella « Angelica » che i suoi genitori conosceranno e leggeranno nell’ora della funebre veglia, e che avrà un così grande successo?

Non è Leo il temerario eroe che solo ha osato affrontare e vincere il tiranno dinnanzi al quale tutti s’inchinavano tremando? Non è Leo quell’Orlando che ferito a morte dalla stessa Angelica che egli aveva liberata; mentre per l’ultima volta l’aurora tinge per lui il cielo e i campanili di rosa, e la città appare ancor tenue nell’ombra color di viola, nel delirio confessa l’esser suo? Per non vedere il trionfo dell’ingiustizia egli se ne è andato lontano. Ma da lontano la nostalgia lo prende del grande sole della Patria, delle sue vigne bion-