Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
186 | meditazioni sull’italia letteraria |
creature innocenti — , che non sono così brutto come pare a prima vista. Che vuoi che succeda? Glielo dicono tutti: finiranno per crederci. Davvero, Giusto Lipsio, lo spettacolo del mio centenario mi inquieta. In fatto di crisi, sono un vecchio esperto; che ce ne sia una molto grave mi pare indiscutibile, a giudicare da questi sintomi. Gli uomini non hanno più sensibilità morale; ecco un periodo solenne. Perchè le civiltà sono come la cupola di Santa Maria del Fiore: non reggono che grazie al contrappeso della lanterna — e questa lanterna è la morale.
Giusto Lipsio. — Oh! Perchè hai aspettato, a diventar saggio, d’essere in mezzo alle ombre? lo t’ho combattuto appunto per le ragioni che hai detto.
Machiavelli. — Ah! Ah!
Giusto Lipsio. — Perchè ridi?
Machiavelli. — E’ buffo, che noi si trovi il modo di litigare, quando siamo peccatori dello stesso cerchio. Ma chissà, forse è per questo. Apri gli occhi e guarda nella tua coscienza con disinteresse. Dimmi ora se tutte le mie colpe non sono anche le tue? Si io — forse — in un momento di disperazione, ho concepito una dottrina diabolica; ma tu te ne sei fatto l’araldo. Perchè mai tu, Giusto Lipsio, umile servo della Contro Riforma, capzioso difensore della Ragion di Stato, hai scritto dei libri, solo per diffondere un principio di cui avevi orrore?