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176 | meditazioni sull’italia letteraria |
scaltrezza di non farsi cogliere. Ma io ti dico questo: un malvagio d’ingegno non vuol fare, salvo certe eccezioni che rientrano nel campo delle gigantesche assurdità balzachiane, che il proprio interesse; e non nuoce al prossimo che in quanto se ne può giovare. Ma sia mille volte benedetto costui! Cosí almeno si conosce il pericolo! Il nostro sarà il rischio che si corre quando si inciampa nelle rotaie di un tranvai; fuori di quel binario siamo tranquilli, perfettamente tranquilli, e ti par poco?
— Va bene. Continua.
— Uno stupido, invece, non è legato da nessun vincolo, perchè non ha idea del proprio interesse; i danni che può fare son dunque infiniti, poiché mi convinco sempre di più che l’interesse è ancora il più sicuro regolatore delle male passioni umane.
— Uno stupido! Uno stupido! Ma che maniera di parlare è la tua? Di stupidi ce ne sono infinite varietà. C’è lo stupido buono e lo stupido cattivo, lo stupido serio e lo stupido allegro, lo stupido furbo e lo stupido ingenuo. Come puoi mettermi in un fascio tutte queste dissimili stupidità?
— D’accordo. Ma hanno tutte un carattere comune: la mancanza d’immaginazione. Gli stupidi non riescono a immaginarsi che cosa sentiranno quelli a cui fanno del male. E perciò si trovano nella situazione di un essere ipotetico, che non abbia mai avuto sensibilità fisica, e che dia delle basto-