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come badasse più che ai colori, al bianco e nero, e cioè alle ombre e ai lumi, necessari al rilievo; come avesse scritto; «deve la pittura aver moti soavi e grati e convenienti a quel che ella vuole rappresentare»8 e «nei componimenti dei membri la prima cosa che bisogna procurare è che tutte le membra fra loro siano proporzionate»9; e come anche l’Alberti avesse dato gli stessi precetti sulla «convenienza psicologica», sul variare degli atteggiamenti, sul modo di esprimere le passioni nei quadri ove sono raffigurate le moltitudini.

Importa invece rilevare come anche l’Alberti avesse scritto: «i pittori sono in grandissimo errore se ei non conoscono che coloro che sono stati veri pittori, si sono sforzati di rappresentare quella figura tale, quale noi la veggiamo dipinta dalla natura in essa rete o velo10. E se ei ci gioverà ritrarre le opere degli altri, come quelle che mostrino di sè stesse più ferma pazienza che le vive, io vorrei che noi ci mettessimo innanzi una cosa mediocremente scolpita, più presto che una eccellentemente dipinta»11 — concetto che trova poi, come in Leonardo, una immagine poetica analoga, quando paragonando la pittura a Narcisso, l’Alberti scrive «che altra