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gura di un uomo, qualunque pubblico partirà sempre, per giudicarlo, dal concetto di uomo e quindi dalla natura; e gli stessi critici di avanguardia che si trovassero dei piedi stupendamente dipinti al posto di un naso, dovrebbero per ammirare questa figura del tutto indipendente dalla realtà, fare un piccolo sforzo e magari un frettoloso ragionamento. Ora, il fatto stesso che tutti gli uomini continuino, quando giudicano d’arti figurative, a esigere un rapporto con la natura, m’è sempre parso degno di far riflettere.

Uno dei nostri critici d’arte più intelligenti mi rispose un giorno che al rapporto tra l’arte e la natura bisognava sostituire un nuovo rapporto, quello tra l’arte e l’artista. Per quanto ingegnosa, non mi sembra che questa risposta abbia risolto il problema. Un rapporto, in questo caso, è come una similitudine: deve essere il paragone tra l’idea che si vuol dimostrare, e una che già si conosce. L’opera d’arte, che ora è l’incognita, l’oggetto da misurare, deve essere perciò messa a raffronto, non con un oggetto più misterioso, ma con uno più chiaro. Paragonando due incognite, non s’arriva a essere certi nè dell’una nè dell’altra. Misurare l’opera d’arte, con un metro di cui non conosciamo l’unità, è