soltanto nell’arte, soppressero teoricamente l’ultimo controllo che poteva ancor governarla. Senonchè, fra tutte le maniere di risolvere il grande enigma, questa mi è sempre parsa la più inquietante: prima di tutto perchè sopprimeva un controllo, poi perchè eliminava dalla teoria un principio che continuava a vivere nella pratica, e separava il pubblico dall’élite, con un contrasto avviluppato nelle nebbie della terminologia filosofica. Per quanto gli predichino che l’arte non ha niente a che vedere con la natura, il pubblico continuerà, anche non volendo, a tenerne conto, rifiutandosi di ammettere che si possa dipingere un uomo con dei piedi al posto del naso, per la ragione che ha detto Kant e cioè perchè «se l’oggetto è dato come prodotto dall’arte, e come tale dev’esser dichiarato bello, poiché l’arte presuppone sempre uno scopo nella sua causa (e nella causalità di questa), bisogna prima appoggiarsi al concetto di ciò che la cosa dev’essere; e, poiché l’accordo del molteplice in una cosa in vista di una destinazione interna di essa, in quanto scopo, costituisce la perfezione della cosa stessa — nel giudizio della bellezza d’arte, deve anche essere presa in considerazione la perfezione della cosa».
Quando vedrà raffigurato in un quadro la fi-