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violetti orizzonti c’incantano, solo perchè sono resi coi pennelli e con delle mestiche.
Senonchè, noi possiamo conoscere questi mezzi, e tenerne conto quando giudichiamo un’opera d’arte, soltanto perchè sono inadeguati rispetto al fine e parziali. L’infinito reale, fatto di infinita materia, non ci dà lo stesso piacere dell’infinito ottenuto con dei colori stesi sopra la canapa, appunto perchè il fine e i mezzi si confondono come il mare e il cielo sull’orizzonte, durante le mattinate di bruma.
Ma tener conto dei mezzi o giudicare in base a leggi estetiche è la stessa cosa, poichè le leggi estetiche appunto limitano e determinano i mezzi con cui si può raggiungere un fine.
La letteratura e il cinema ci offrono lo spettacolo della medesima lotta con l’infinito. Apro i due libri dell’Abbé Bremond sulla Poesia, e vedo questo critico sensibile alle prese con un «fluido misterioso», con una «magia piena di raccoglimento», che gli pare troppo vaga e profonda perchè si possa chiudere nel giro di una definizione. «Grelots de la rime, scrive, flux et reflux des allitérations, cadences tour à tour prévues et dissonantes, aucun de ces jolis bruits ne parvient jusqu’à la zone profonde où fermente l’inspiration, où