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Così, per il fatto che in quella finestra vediamo come il simbolo dei limiti nostri, possiamo dire di sentircene alleggeriti.

Vediamo ora che genere di piacere ci dia l’infinito raffigurato in un quadro.

Noto subito che è quasi inutile distinguere, come prima, due categorie di infiniti, perchè un cielo o un mare, visti attraverso a una finestra o liberamente, ci riempiono dello stesso piacere. Volgiamo lo sguardo dall’oceano al quadro, e vedremo il godimento mutare e la pena dissolversi. Non ci sentiremo più limitati, come quando per un momento avevamo intuito di poter essere più grandi di noi, perchè pensavamo una cosa che l’uomo non potrebbe pensare, e nello stesso tempo ci accorgevamo d’essere troppo deboli, perchè non riuscivamo a pensarla tutta. Godremo invece del piacere contrario. Sarà un piacere meno inebriante e più dolce, meno temporalesco e più umano: ci parrà come di passare improvvisamente dal ponte di una nave in balìa degli uragani in una sala silenziosa e tiepida, illuminata dalla luce tremante e dorata di qualche candela.

Che cosa è infatti questo piacere? È il piacere di violare l’infinito lasciandolo intatto, di possederlo, di capirlo, di pensarlo