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Ma che cosa spiega l’enigma di questo godimento oscuro e contradditorio, che possiede persino un valore di scambio riconosciuto e non rivela a nessuno le sue sorgenti?

Perchè insomma il bello naturale ci commuove senza che possiamo capirlo?

E’ stato detto da Kant, come il nostro piacere di fronte alla bellezza della natura sia un vero e proprio moto di quel giudice sovrano, inappellabile e muto, che è il corpo umano; come in questo godimento, che sembra intellettuale, ci sia soltanto un distendersi gioioso dei nostri nervi, uno spalancamelo fisico.

Non per nulla infatti siamo indotti ad ammirare quei paesaggi «aperti», che ci fanno respirare e sentire fisicamente liberi, più di quei paesaggi chiusi, in cui ci sentiamo come soffocati dal peso della natura, senza pensare che, volendo giudicare la natura come si giudica un quadro, non c’è una ragione al mondo per preferire una valle angusta a un largo orizzonte.

Senonchè, se è vero che la contemplazione delle Alpi o del Mare ci dà una vera e propria sensazione di benessere materiale, è an-