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delle combinazioni ancora possibili; ma noi siamo così avvezzi a fare uno schema intellettuale della natura e a rappresentarci quello che è perennemente vario come se fosse definitivo ed immobile, che non pensiamo più al significato del movimento.
Una legge estetica, che, per chi giudica, serve dunque da metro, richiede prima di tutto che l’opera misurata sia ripetibile o immobile. Immobili sono un quadro, una statua, una chiesa; una musica, una danza sono ripetibili. Il movimento nella danza non ha nulla a che fare col moto della natura; prima di tutto perchè il moto della natura non è, come quello della danza, regolato da una volontà — la soluzione religiosa non ha valore in estetica — poi perchè ogni movimento di una danza può essere considerato da due punti di vista: o in sè stesso, e allora grazie all’illusione della luce e dei colori, lo godiamo come si godono i quadri e come si godono le statue, dimenticandoci che il ballerino sia un uomo — e la danza non è più arte quando ce ne ricordiamo — ; o come anello di una catena, come tramite da un gesto a un altro, e allora acquista il valore di una nota in una frase musicale. Ma tanto nel primo caso come in quest’ultimo, la sorgente del piacere estetico è