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verso e le stesse opere sembrano eroiche e scellerate, buone e cattive, ispirate da Dio e dal demonio. Ecco, ad esempio, come S. Agostino giudica il ratto delle Sabine.

« Per questa naturale tendenza alla giustizia e alla bontà, credo, si rapirono le Sabine. Non è forse segno della massima giustizia e bontà insidiare con la frode a teatro le figlie degli altri, per prenderle, non col consenso dei genitori ma con la forza, e come a ciascuno capita? Poiché se i Sabini fecero male a rifiutare le figlie domandate, quanto peggio non fecero i Romani a rapirle? Sarebbe stato più giusto portare la guerra a quel popolo quando rifiutò di dare le sue figlie in matrimonio ai suoi vicini, piuttosto che quando venne a riconquistare le donne rapite » 1. « E vinsero i Romani per potere estorcere funesti abbracci dalle figlie, con le mani ancora sanguinose della strage dei padri. E le figlie non osarono piangere i padri uccisi, per timore di offendere i mariti; e mentre quelli combattevano esse non sapevano per chi invocare vittoria » 2.

Livio invece descrive in questo modo il Ratto delle Sabine.

« La Repubblica Romana era già così forte che poteva essere uguale in guerra a qualunque delle città vicine; ma per la mancanza di donne, quella grandezza avrebbe solo durato l’età d’un uomo, non essendoci speranza di prole futura in patria, nè di ma-

  1. (1) De Civit. Dei, II, 17.
  2. (2) De Civit. Dei, III, 13.