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riempite, e fate mille pazzie, mentre l'Oriente piange la vostra rovina, e le più grandi città sono nel lutto e nell’afflizione per voi, sino alle estreme lontananze del mondo!... Ebbero più forza sui vostri animi le seduzioni degli empi demoni, che gli ammaestramenti dei saggi. Per questo non volete imputare a voi stessi i mali che fate; e quelli che soffrite li imputate ai cristiani. Poiché nei tempi sicuri non volete la tranquillità dello Stato, ma l’impunità del piacere; e siete stati depravati nella prosperità; nè avete saputo correggervi nella sfortuna. Scipione voleva che foste atterriti dal nemico, perchè non foste vinti dalla lussuria, e voi pure essendo abbattuti dal nemico non l’avete repressa; avete perduto il frutto della calamità, e siete diventati i più infelici, restando i più cattivi di tutti i mortali » 1.

Anche qui, come negli storici latini, si attribuisce la rovina dell’impero alla corruzione dei costumi. E su questo punto S. Agostino e gli storici sembrano d’accordo. Ma è facile, addentrandosi nel pensiero dell’uno e degli altri, accorgersi che l’accordo è apparente. La rovina dell’impero lascia S. Agostino indifferente; ciò che lo inquieta è la corruzione dei sudditi; egli è sdegnato perchè la rovina di Roma non ha corretto i romani, ed anche quest’ultimo ammaestramento è rimasto inutile; ma ha l’aria di dire che, se la catastrofe generale avesse migliorato i Romani, questa catastrofe sarebbe stata da lui benedetta come

  1. (1) De Civit. Dei, I, 33,