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II.


L’AURORA DELLA MORALE UMANA.


La morale romana fu sempre una morale civica. L’uomo non contava e non valeva, se non in quanto partecipava alla vita pubblica; le sue virtù personali eran tenute in conto, soltanto se servivano alla comunità. Anche certi vizi, quando riuscivano utili alla repubblica, venivan senz’altro lodati come virtù.

Il Cristianesimo, invece, sostituì alla morale civica la morale personale, in modo che il cristiano rendeva direttamente conto delle sue azioni a Dio, e, come cittadino del mondo, non si curava di chi governasse il suo corpo, non preferiva questo a quel paese, uno straniero a un compatriota. Un barbaro o uno schiavo, se buoni e virtuosi cristiani, valevano ai suoi occhi assai più di un romano o di un senatore, viziosi ed increduli. La giustizia e la reputazione degli uomini lo lasciavano indifferente. Tutte le guerre spargevano il caro sangue di uomini a lui uguali.

E allora, veniva fatto di concludere, perchè combattere, se bisogna amare i nemici come sè stessi, e

FERRERO. - La Palingenesi di Roma. 4