Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
la creazione | 31 |
dante, che aspetta ogni tanto invano dal cielo una ventata salubre, e una passata d’acqua dalla nuvolaglia turbolenta. Tacito stesso, ripensando a Tito Livio, ne soffre e lo confessa apertamente.
« Narravano di grandi guerre, di città conquistate, di re vinti e prigionieri, e i litigi dei tribuni e dei consoli, le leggi agrarie e frumentarie, le lotte del popolo e del senato. Era un soggetto largo, spazioso, dove si muovevano con libertà. Ma io sono chiuso in una stretta carreggiata, e l’opera mia sarà senza gloria. »1
Mentre Tito Livio, come si vede da una citazione che Seneca trasse dalle opere scomparse, si nutre della sua opera concepita nella gioia, e nella gioia dello scrivere e nell’amore della sua storia moltiplica le sue forze all’immensa fatica, si sente che il soggetto è antipatico a Tacito, che le sue previsioni sono dolorose, che lo scrivere gli costa sforzo e lo attrista. Perchè scrive allora la storia dei tempi che gli erano così odiosi? Egli stesso ce lo dice.
« Noi raccontiamo questo perchè chiunque leggerà i casi di quei tempi, da noi scritti o da altri, sappia, benché si taccia, come si ringraziavano gli Dei, ogni volta che il Principe esiliava od assassinava. E come le insegne della prosperità annunziavano le disgrazie pubbliche. »2
Nato fra le follie sanguinarie di Nerone, cresciuto sotto il governo pauroso di Domiziano, dopo aver