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26 | la palingenesi di roma |
essendo pubbliche, egli biasimava che fossero di privati. E questo spaventò molti senatori che ne eran possessori, e vedevano in pericolo le cose loro. Ma erano ancor più inquieti perchè il Console con queste largizioni si acquistava una potenza pericolosa alla libertà. »1
Così la grandezza romana, idealizzata tutta insieme come una meraviglia sovrumana, ci apparisce umanissima nei singoli elementi di bene e di male, che la compongono. Questa è nel tempo stesso la grande bellezza e la profonda verità dell’opera di Livio, alle quali corrisponde mirabilmente lo stile. Lo stile di Livio è veramente come un fiume immenso dalla corrente tranquilla, che scende dal monte sicuro di arrivare alla foce, trasportando una mescolanza di cose diverse. Nei momenti solenni, o tragici, è maestoso e lento, quasi per trattenere il respiro a chi legge e non accontentarlo nella sua impazienza con piccole frasi rapide; alle volte perde la sua serenità olimpica, si commuove, si agita come uno stagno in cui sia piombato un macigno; ma la chiusa degli avvenimenti è spesso composta con poche frasi corte e succosissime, che appaiono più potenti che mai, appunto perchè, con grande arte, son collocate dopo un periodare ampio e fertile, in cui le frasi tendono la mano una all’altra e si allacciano con rotonda scorrevolezza. In tal modo i due ritmi si sostengono e si analizzano a vicenda: il primo mette
- ↑ Liv., 2, 41,