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e trasportavano nel paese vincitore i metalli preziosi. Soffrì, in quei due secoli, di tutti i mali che ci tormentano oggi: la carestia crescente con l’abbondanza, l’alterazione iniqua delle fortune, la depravazione dei costumi, il tramonto delle tradizioni, l’obliterarsi della disciplina sociale, le turbolenze politiche e gli odi civili che, via via esasperandosi, proruppero alla fine in aperte e sanguinose rivoluzioni.
Ed ecco spiegato l’errore di coloro che hanno visto in questa visione della storia di Roma le formule e i derivati di un materialismo storico di fantasia, perchè la moneta vi comparisce come il principale agente del disordine di una grande epoca. Ma questa visione non è parente del cosidetto materialismo storico neppure in decimo grado. Vero è invece che la visione è mia. Senza dubbio questo spaventoso e meraviglioso fenomeno non è stato da me capito con quella pienezza e rappresentato con quella forza, di cui, dopo la guerra mondiale, mi sentirei oggi capace; e che spero di trasfondere un giorno in una edizione definitiva. Ho concepito questa parte dell’opera una ventina di anni fa, perduto in una pace così universale e profonda, che la memoria e la nozione stessa del terribile fenomeno si erano perdute; l’ho concepita, quasi direi, dal nulla e in piena solitudine, perchè nessuno dei predecessori aveva neppur presentito queste oscure verità e poteva quindi prestarmi aiuto. Non ostante un intensissimo sforzo di riflessione e di immaginazione, che ha durato anni, non ho veduto il fenomeno nella sua pie-